Daniele Mellana ci racconta il suo viaggio nel Brazilian Jiu Jitsu

Piccolo resoconto di come è iniziato il mio viaggio nel brazilian jiu jitsu

 

Più o meno la primavera del 2013, dall’ufficio in Rue Auber  a Parigi, la città dove ho vissuto dall’inizio del   2009, in un pomeriggio di lavoro a bassi regimi stavo nagivando sulla rete, non ricordo come finii a guardare alcune sottomissioni spettacolari di MMA.  Passando da un video suggerito all’altro, mi soffermai su un documentario di una decina di minuti dedicato al jiu-jitsu brasiliano. Si trattava di uno stile  di cui non avevo mai sentito parlare prima, sapevo che il jiu-jitsu fosse una antica arte marziale giapponese da cui si era sviluppato il judo, ma nulla più. Guardai il documentario e iniziai a sentire i primi concetti legati alla importanza della lotta a terra in caso di disparità di taglia e livello tecnico fra i due contendenti e via dicendo. Mi incuriosiva come avesse potuto svilupparsi uno stile brasiliano da una disciplina così lontana, sia geograficamente che culturalmente, in definitiva dal Brasile nel mondo delle lotte avevo sentito parlare solo della Capoeira. Così cominciai a leggere della storia della famiglia Gracie e della nascita del brazilian jiu jitsu, ne ero intrigato. Decisi così di provare questa disciplina e presi contatto un po’ di scuole, notando con stupore quanto fosse diffuso questo sport in Francia. Purtroppo non trovai una palestra vicino a casa, in settimana ero spesso in viaggio e il weekend il più delle volte cercavo di tornare in Italia. Dopo qualche settimana spesa a cercare una soluzione, mi misi abbastanza l’anima in pace, intravedevo la possibilità di ritornare a vivere a Torino, avrei poi iniziato allora.

 

  Così tornai sotto la Mole alla fine del 2013, i primi mesi spesi a organizzare la casa, il lavoro e lo sport ristretto ancora al canottaggio, lo sport di sempre. Siamo a circa un anno di distanza dal primo contatto col BJJ e la voglia di provare rimane, ma dove?  Scuole a Torino ce ne sono, ma ancora prima di iniziare con metodo la mia ricerca, la mia compagna Laura torna a casa una sera e mi dice che nella palestra dove ha iniziato con entusiasmo a fare cross-fit, hanno intenzione di lanciare un corso di BJJ. La palestra è vicina a casa e ha un ottimo nome,  sapevo che apparteneva ad amici di amici, mi ci fiondo nei giorni a seguire. Quando arrivo all’Accademia Torino si sta svolgendo una sessione di judo agonisti, mi fermo a guardare un po’. Mi è sempre piaciuto il judo, lo facevo da bimbo, e proprio a Sassi, in quella che è ora la scuola francese e una trentina di anni fa era invece un istituto privato salesiano (ancora oggi non so perché smisi, l’ho chiesto ai miei genitori ma non lo sanno nemmeno loro).  Si vede subito che in Accademia si fa sport, non si fa palestra, chi abbia praticato uno sport un po’ seriamente, a prescindere da quale sia, sa cosa intendo. Parlo con Francesco, mi conferma che da lì a qualche mese sarebbe stato aperto un corso, ci rivediamo a settembre allora. Nel corso dell’estate incontro a un matrimonio Marco M., che conoscevo da tempo addietro ma avevo un po’ perso di vista. Parlando gli dico che avrei voglia di provare questo BJJ, mi pare interessato, poi già conosce l’Accademia, la sua figlioletta maggiore segue lì un corso di judo. Ci promettiamo di sentirci a settembre, bene, siamo già in due a bordo.

   Arriva settembre 2014, si comincia. Incontro e conosco quello che è il nostro istruttore: Marco. Siamo una decina, qualcuno resta e qualcuno se ne va. Di quel nucleo originario a un anno e mezzo di distanza siamo in tre: io, Marco e Marino. Mi sembra passato tanto tempo da quando con infinita pazienza, Marco, preciso e pedagogico, provava in tutti i modi a farmi capire come girare sulle spalle per fare il berimbolo. Con grande divertimento ripenso a come, senza scomporsi, ci guardava fare le prime lotte, più che BJJ sembravano primitivi scontri nel fango dove a un incredibile dispendio di energie seguiva una resa quasi nulla, se non pulsazioni fuori controllo e debito di ossigeno. Pian piano la foga è diminuita lasciando spazio a un po’ di tecnica; se qualche miglioramento s’è visto lo dobbiamo a Marco che non smette di ricordarci l’importanza dei fondamentali. Marco emana calma, si dice sia la virtù dei forti. In questi mesi abbiamo seguito seminari in esterna e i direttori tecnici Tanzio e Alejandro sono venuti a trovarci da Roma per conoscerci e monitorare i progressi.  Nel mentre abbiamo iniziato a inserirci almeno una volta al mese negli allenamenti degli agonisti del judo, ospiti di Alessandro, tanto compagnone fuori dal tatami quanto marziale nel momento in cui vi poggia il primo piede sopra,  quando il giovedì si dedicano alla lotta a terra. Siamo stati accolti con simpatia e senza sconti, come è giusto che sia. Alcuni di loro vengono a trovarci nelle nostre lezioni portando un contributo di esperienza sempre utile, in particolare Mike (anzi, Maic, mi dicono che in Accademia lo si scriva così), Alessandro L. e Federico; spesso ci raggiungono sul tatami  anche alcune ragazze del judo amatori o vecchie glorie del judo torinese come Danilo. Francesco e Alessandro quando possono si uniscono a noi e ed è sempre utile ascoltare i loro consigli fra una strapazzata e l’altra. Dopo l’estate con l’arrivo di Willy, Luca e Luigi direi che copriamo quasi tutte le categorie di peso e il divertimento è ancora aumentato.  La scorsa settimana è arrivata la prima gara, è andata così così ma sono stato contento di aver rotto il ghiaccio. Ho perso, ma non ho mai avuto voglia come dopo sabato di tornare a misurarmi.

 

   Se qualcuno leggendo sino ad ora questa mia semplice cronistoria, avesse voglia di unirsi a noi, allora forse sono riuscito nell’intento ma è il caso che spenda ancora un paio di parole. In Accademia si ha la forte percezione che le cose vengano fatte con la professionalità più alta, le domande ricevono sempre risposte puntuali, non ci sono improvvisazioni. Non è il posto per gli esaltati, l’invito durante le fasi di lotta è molto al ragionamento. In quanto alla disciplina quello che posso dire è che i primi mesi non sono facili, alcune concezioni vengono ribaltate come quando si comprende che in una lotta, se si è schiena a terra con le gambe fra sé e l’avversario,  si è in una posizione di relativa sicurezza e via dicendo. Le volte che ci si trova a battere (quando l’avversario nell’applicazione di una leva o uno strangolamento ci costringe a cedere) sono innumeri ma passata l’amarezza ci si trova poi a ragionare e da lì arriva l’apprendimento e la voglia di riprovare. Forse un po’ retorico, ma vorrei riportare quanto un praticante di bjj di lungo corso mi disse “se sali sulla materassina e vi rimani un pochino, diventa poi difficile scendere”, comincio ora a intendere cosa questo significasse per davvero.

 

 Daniele Mellana

Condividi questo articolo
Facebook
Twitter
WhatsApp
Telegram

2 risposte

  1. È un articolo molto bello che mi ha fatto venire voglia di provare questo sport. Tenerissimo che tu vada dove si allena la tua fidanzata. Se anche io avrò un pomeriggio a basso regime di lavoro ci vedremo sicuramente in palestra! Ciao Daniele e complimenti per l’articolo.

    1. Attenzione Daniele é anche una figura di spicco della finanza e ex campione italiano di canottaggio!

I commenti sono chiusi.

Iscriviti al Blog via Email

Rimani aggiornato sulle ultime pubblicazioni di Accademia Torino

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: