Ci svegliamo un mercoledì notte alle ore 05,00. Con la valigia già pronta dalla sera prima ci dirigiamo verso la nuova stazione ferroviaria di Torino Porta Susa e ad attenderci nessun viaggiatore nei paraggi, nessun pendolare che di corsa cerca di acciuffare l’ultimo vagone del treno in partenza, solo noi con le nostre borse cariche di aspettative, cariche di judogi, costumi e nastro bianco per le dita dei piedi e delle mani che inevitabilmente subiranno qualche piccolo trauma in questa trasferta di judo a Sanremo.
Andiamo a trovare degli amici del judo, degli amici con cui condividere due giorni la materassina ed il mare, il judogi ed il costume, con cui condividere il sudore e l’acqua fresca del mare. Arriviamo alle ore 10,30 del mattino e di corsa arriviamo alla palestra che ci ospita. Neanche il tempo di salutare e subito siamo in fila, uno accanto all’altro, sotto lo sguardo attento del maestro De Maria, responsabile dell’Associazione Byacco Tay di Sanremo grande esperto della forma di kata del Judo.
Ci salutiamo in ginocchio seguendo le usanze dei vecchi maestri giapponesi, conosciamo le parole antiche e spesso dimenticate nelle nuove società sportive, parole come sensei, parole che ti fanno capire che il judo è agonismo, ma è soprattutto un arte, un arte che è tramandata ed insegnata da un maestro, un sensei.
La guida tecnica dell’allenamento è affidata a due belle conoscenze dell’Accademia Torino, due atleti appartenenti al gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre sezione della Polizia Penitenziaria, collaboratori e responsabili del progetto giovanile della neonata società piemontese Accademia Torino. Due ore di tecnica per cercare di limare, modificare, migliorare. Poi un’ora per sperimentare, lottare e sudare con i combattimenti. Ora tutti a mangiare la focaccia gentilmente offerta da alcuni genitori del judo e poi veloci in spiaggia a riposare i muscoli nella sabbia calda e a temprare il fisico e lo spirito nell’acqua fresca del mare.
La prima mezza giornata è andata, ora si riposa e ci si prepara per l’allenamento pomeridiano dove verrà data particolarmente importanza alla forma di combattimento al suolo, ne-waza, arte in cui l’Accademia Torino vuole essere padrona. Ore trascorse con il sorriso, con l’entusiasmo di chi non vuole smettere mai di imparare e confrontarsi. Il tempo passa ed in un lampo eccoci in fila per il saluto finale. Sensei. Rei dice a gran voce il maestro De Maria.
Un applauso riempie l’orgoglio nostro e dei piccoli campioni che crescono. Doccia, cena e ci si prepara per la notte da passare in materassina. Tutti insieme distendiamo i nostri sacchi a pelo, le nostre lenzuola. I più fortunati con un cuscino portato da casa, i più temerari ed i più stanchi con il judogi a fare da cuscino ad una testa carica di pensieri positivi e di stanchezza. Tutti insieme, dal più piccoli di appena sette anni ai maestri più grandi.
Il giorno successivo replichiamo a quanto di buono fatto il giorno precedente con la consapevolezza che questa sera abbiamo il treno di ritorno per casa, verso Torino. Lottiamo. Sudiamo. Beviamo. Respiriamo l’aria del dojo. Inspiriamo l’aria del cambiamento. Ora di corsa salutiamo, scendiamo dalla materassina e corriamo a prendere il nostro treno.
Ci guardiamo tutti negli occhi, con un sorriso li chiudiamo e cullati dal rumore del treno torniamo a lavorare nelle nostre palestre. Di corsa, una bellissima corsa.
Grazie ragazzi.