Questo articolo è stato scritto per l’Angolo dell Cultura, rubrica del judo piemonte, ed è pubblicato sul sito internet: www.judopiemonte.it
Periodo travagliato, questo inizio 2014. Il judo della Fijlkam e dell’Ijf ha cominciato l’anno in quarta e viaggia ad alti ritmi sia a livello planetario che nazionale, costellato da innovazioni e cambiamenti. E da che mondo è mondo, le innovazioni e i cambiamenti fanno notizia e suscitano interesse.
In rete, quel filo invisibile che ormai collega tutto e tutti, un qualsiasi judoka curioso e innamorato della sua disciplina può facilmente leggere migliaia di notizie su nuovi regolamenti e nuovi criteri di scelta e nuovi metodi e chi più ne ha più ne metta.
Inevitabilmente ogni singola notizia crea scalpore e trova seguaci contenti e oppositori critici, ognuno pronto a commentare positivamente o negativamente, ed ognuno a modo suo. Diventa così facile, a quel punto, esagerare in una o nell’altra direzione, sfociando nel sempre dannoso “troppo”.
La cosa bella è che il judo, anche se costantemente sconvolto, preso e rimescolato riesce a rimanere sempre e comunque quell’unica “Via” che i suoi ideogrammi raccontano: la Via della cedevolezza, della gentilezza. E allora come l’acqua che si adatta ad un letto di un fiume che alle volte diventa troppo tortuoso, il judo scorre sui cambiamenti e le critiche e i complimenti e le innovazioni e continua la sua corsa, rimanendo nella sua sostanza più intima sempre Judo. E la cosa ancora più bella è che riesce ad essere quella stessa Via in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, muovendosi in egual maniera in ogni ambito e ad ogni livello.
Ricordiamo in queste righe che il Judo ha mille sfaccettature, ai nostri tempi rappresentate da più federazioni e comitati e associazioni, e che in questa sede i nostri riferimenti vanno a cadere su una determinata fascia della nostra disciplina. Generalizzare non porta mai a nulla di buono e farlo riguardo ad un concetto così ampio e con una tradizione così importante come il Judo sarebbe oltraggioso.
Questo solo per ricordare (per non mancare di rispetto a nessuno e per non toccare argomenti che non si possono conoscere a fondo) che la nostra Fijlkam e la nostra Ijf sono una parte della disciplina che Jigoro Kano il secolo scorso decise di fondare, una delle diramazioni di quell’unica Via, e che al di là di faccende che esulano dalla nostra competenza come il riconoscimento da parte del Coni o il grado di agonismo chiamato in causa, è semplicemente quella che nel caso specifico ci riguarda direttamente.
Ritornando dopo questa breve puntualizzazione d’obbligo all’argomento di cui si trattava, analizzando il concetto ci si potrebbe domandare da dove derivi questa peculiarità del judo, il suo sapersi adattare alla tortuosità del letto del fiume. Ed è questa domanda a fornirci lo spunto per ripercorrere la Strada a ritroso e arrivare alle sue origini, per conoscerla ancora meglio o anche solo per mera curiosità.
Quasi tutti noi ormai sappiamo che secondo un’antica leggenda il principio del ju-jitsu, poi trasmesso al judo, del valore della flessibilità fu intuito da Akiyama Shirobei Yoshitoki, un medico e maestro giapponese che guardando la neve cadere sui rami degli alberi notò che i rami di quelli rigidi e possenti, come la quercia, si spezzavano sotto il peso della neve che piano piano si accumulava, mentre i rami sottili e elastici, come quelli del salice, si piegavano sotto il peso della neve facendola scivolare via, senza farsi rompere né curvare.
Ma questa affascinante storia richiama principi ancora più antichi che permeano la tradizione giapponese.
Lao Tzu, il fondatore del taoismo, scriveva:
quando nasce, l’uomo è tenero e debole, quando muore è rigido e forte. Rigidità e forza accompagnano dunque la morte, morbidezza e debolezza accompagnano la vita.
Non è così comune essere al corrente che il taoismo, nato e diffuso in Cina, ha influenzato notevolmente l’aspetto filosofico/religioso (difficile scindere i due campi in questo caso) della cultura giapponese. Il buddismo Zen, branchia del Buddismo giapponese e perno irremovibile di questa cultura, essendosi diffuso nella Cina taoista ha assorbito un imprescindibile concetto che tutt’ora accumuna le due correnti e che in questa breve analisi scopriremo e analizzeremo:
quello del wu-wei, la non-opposizione, il segreto di dominare le circostanze senza opporvisi, base del filastroccante wei-wu-wei, concetto traducibile come azione senza azione, agire senza sforzo.
Per lo Zen infatti la vita si muove troppo rapidamente perché ci si possa accostare per tentativi. Mentre ci si prepara faticosamente a raggiungere il Risveglio, la verità immediata continua a scorrere via. Metaforicamente il discepolo Zen viene contrapposto a chi indugia sulla riva del fiume domandandosi quale sia il modo migliore di tuffarsi, sentendo la temperatura dell’acqua e chiedendosi come ci starà poi dentro, abituandosi a procrastinare le cose. Egli deve piuttosto camminare tranquillo fino al margine del fiume e lasciarvisi scivolare con calma, senza darsi il tempo di avere timori su ciò che sarà, o di trovare scuse per non buttarsi subito. Senza opporsi alla corrente, ma sfruttando la sua spinta per continuare il proprio percorso.
E questa mancanza di opposizione, questo lasciarsi trasportare dal fiume della vita viene dal wu-wei citato prima.
Se lo scopo del wu-wei nel taoismo è quello di mantenere l’uomo in armonia con la natura e con il Tao, in perfetto equilibrio affinché il mondo segua la sua naturale evoluzione e nello Zen è quello di imparare a muoversi con la vita senza cercare di interrompere il suo scorrere, nelle arti marziali sarà l’imparare a non contrastare la forza dell’avversario con la propria, ma a sfruttare quella forza per far cadere il proprio opponente. Il principio del nostro Judo, insomma. Do: Via. Ju: cedevolezza, morbidezza, adattabilità. Judo: La Via della Cedevolezza.
Non ci si sorprenda quindi, se il Judo riesce in ogni caso ad adattarsi a tutti gli sconvolgimenti che piano piano subisce. Fa parte della sua natura. Proviamo a imparare dalla nostra disciplina, in mancanza di altre soluzioni davanti alla effettiva perentorietà di alcune situazioni e decisioni, a continuare comunque il nostro percorso, senza opporci troppo a scelte che purtroppo non dipendono da noi. Ovviamente ognuno ha il diritto di dire la sua e di manifestare il proprio disappunto in qualsiasi ambito. Ma le critiche non costruttive lasciano un po’ il tempo che trovano, e il tempo scorre in fretta, come l’acqua di un fiume.
Siamo judoka, dopotutto.
Ok, di concetti astrusi e parole strane ne abbiamo scritte abbastanza per questa volta, vi saluto e do appuntamento a chiunque fosse interessato e incuriosito alla prossima volta per scoprire il secondo concetto che il judo ha ereditato dal Buddismo Zen influenzato dal Taoismo e che rende la nostra disciplina una meravigliosa metafora della vita: il satori.
Alessandro Bruyère